Definizioni e Domande
IL KARATE DO "Via della mano vuota"
Ma colui che ha il coraggio e sincera fiducia nel Karate e perseverando instancabilmente continua...continua...ad un certo momento comincerà a percepire lontano, una luce. Non bisogna sforzarsi di capire che cos'è. L'importante è sentire che qualcosa (mi) aspetta e pian piano si avvicina e allora si comincia a capire cos'è. L'albero di prugno è un albero molto modesto e spesso le persone non vi prestano molta attenzione.
Però l'albero è molto forte dentro, molto forte fin nelle radici. E' un albero che nel gelido inverno mantiene internamente la sua forza e lottando attende la primavera. Sotto vento, neve e ghiaccio, non cambia, tiene la propria forza. Poi all'inizio della primavera fiorisce prima degli altri alberi, quasi senza dare disturbo. La sua fioritura è come il sorriso dal quale esce un fiore bellissimo. Poi i petali del fiore cadono, ed egli aspetta con dolce tenacia la prossima stagione, ancora, ancora, e così dura per sempre. Così è la nostra vita, occorre viverla con spirito molto forte, senza mai perdere il sorriso, vivendo con dolcezza, senza litigi con gli altri. Camminando così, solo, sulla sua strada, l'uomo del Karate vive questo "cammino di vita" (Do), con forza e serenità, come l'albero di prugno.
Hiroshi Shirai.
Cosa significa Karate-dō?
Il karate nasce come arte per la difesa, pertanto con una connotazione prettamente fisica. Ma nel corso della sua evoluzione assume un significato più spirituale. La traduzione etimologica di Karate-dō è VIA (Do) della MANO (te) VUOTA (Kara). L’accezione vuota ha una duplice interpretazione. Per alcuni, è da intendere con il significato di “senza armi”, mentre per altri, è da recepire come uno stato della mente, svuotato dal superfluo e pronto ad accogliere l’essenziale. Il Dō assume il suo valore più pieno con il maestro Funakoshi, quale “sistema di disciplina interiore”. Egli lo identifica come il “cammino per raggiungere la condizione del Satori, uno stato di illuminazione, che permette di comprendere il significato oggettivo della vita, attraverso la pratica”.
Nella quotidianità delle nostre esistenze come può ritornare utile il percorrere la strada, “il dō” del karate?
La via del Karate è un percorso volto al perfezionamento e al miglioramento della tecnica, quale metafora del continuo miglioramento della propria persona nel corso dell’esistenza. Il karate insegna a “combattere senza combattere”. In che modo? Cercando di fortificare il carattere, insegnando a sorridere nelle avversità, educando sulla necessità di lavorare con determinazione, costanza, per poter raggiungere i propri obiettivi. Rispetto degli altri, fiducia negli ideali, sincerità, miglioramento, costanza, vigilanza, attenzione, concentrazione, perseveranza, sicurezza verso sé stessi, rispetto delle regole, sono solo alcuni degli aspetti coltivati da quest’arte marziale. Il Karate non è dunque uno strumento d’offesa, un condensato di violenza, come spesso certe persone sono portate a credere. Il karate rappresenta un mezzo per conoscersi meglio, per arrivare a comprendere i propri limiti e le proprie abilità. E con tale consapevolezza imparare ad accettare ciò che deve essere accettato e migliorare ciò che è migliorabile. E` un cammino di crescita che porta i praticanti ad una maggiore comprensione del proprio corpo e delle proprie attitudini. Per questo è particolarmente indicato per i bambini, che, nel confronto, apprendono a relazionarsi in maniera corretta con i propri coetanei e con sé stessi. Il karate è inoltre indicato per quei soggetti che presentano un eccesso o un difetto della carica aggressiva, aiutandoli a orientarla, canalizzarla in modo positivo e funzionale. Il Karate-dō rappresenta, quindi, un lento cammino dell'essere verso la propria perfezione, la propria compiutezza.
Perché praticare karate tradizionale da un punto di vista motorio?
Il karate è un’attività sportiva, praticata a piedi nudi, nella quale vengono utilizzate tutte le parti del corpo. Vengono coinvolti gli arti superiori, inferiori e il tronco, attraverso una svariata quantità di movimenti. Gli esercizi effettuati, stimolano lo sviluppo della percezione dello schema corporeo e motorio, dell’equilibrio, della padronanza dello spazio, del senso del tempo e dei loro rapporti. Il corpo si sviluppa acquistando forza, elasticità e salute. L’allenamento impegna sia l’apparato cardio-respiratorio, alternando fasi aerobiche e anaerobiche, che quello muscolare, con uno sviluppo isotonico e isometrico. Nel karate il corpo si muove in tutte le direzioni, destra e sinistra, alto e basso. Tale movimento sistematico di tutto il corpo evita sviluppi unilaterali di parti del corpo. In tal modo si ha uno sviluppo armonico del corpo. L’insegnamento del karate si avvale di una programmazione ben definita, codificata con un ordine di difficoltà proporzionata al livello raggiunto dagli allievi. Oltre la parte riservata alla ginnastica preparatoria sono presenti tecniche di parata, pugni, percosse, calci, proiezioni, leve, salti. Lo studio del Karate Do prevede una divisione dei praticanti per diversi gradi, corrispondenti alle capacità tecniche acquisite nel corso del tempo. Il passaggio tra i vari gradi avviene sempre dopo un esame pratico che fino al 1° Kyu (cintura marrone) avviene all'interno del Dojo, mentre per i Dan di cintura nera è prevista una sessione di esami nazionale costituita da membri della Commissione Tecnica Federale.
Il karate e i bambini. Quando l’allenamento del corpo ha effetti sulla mente. Perché dire sì al karate tradizionale per i Bambini?
- Rafforzamento del corpo con gli esercizi di psicometricità preparatoria;
- scoperta delle potenzialità e dei limiti del proprio corpo, educazione al movimento nello spazio, sviluppo dell’orientamento, della coordinazione, riconoscimento della destra e della sinistra con conseguente acquisizione della lateralità; impegno simmetrico del corpo. Con l’educazione alla percezione del corpo (propriocezione), il bambino impara a spostare il peso da una parte all'altra del corpo, a prendere coscienza della propria forza di movimento, a saltare, cadere, abbassarsi. Apprendimento della capacità di direzionare un colpo con giusta distanza e tempo, a indirizzarlo verso l'avversario con controllo;
- ottenimento della fiducia in sé stessi, grazie alla presa di coscienza del superamento dei propri limiti;
- vittoria sulla timidezza, sulla paura, maggiore sicurezza di sé, capacità di gestione della propria esuberanza, imparando a sapersi controllare ed esprimersi. Canalizzazione positiva delle energie con conseguente riduzione dell’aggressività. In sintesi: autocontrollo;
- acquisizione e rispetto delle regole sociali, attraverso il confronto con il gruppo dei pari, importanza dei valori quali la lealtà, il rispetto, la dignità, la correttezza;
- implementazione delle capacità di concentrazione, attenzione e ascolto;
- esercizi e metodi educativi mirati alla costruzione di mappe mentali, attraverso un contesto che agevola l’attivazione di percorsi cognitivi, intrapresi da ciascun allievo per il raggiungimento di una meta. Tale contesto permette il conseguimento autonomo del risultato, tramite un sistema basato su prove ed errori. Il bambino avrà a disposizione tanti mezzi, ma mai soluzioni preconfezionate. In tal modo il raggiungimento di un risultato (riuscire a partecipare ad una gara, imparare un kata, entrare a far parte del gruppo, superare la timidezza, riuscire a domare l’irrequietezza, apprendere una sequenza) creerà una consapevolezza che costituirà un bagaglio, una risorsa per soluzioni future, dentro e fuori la palestra. Con conseguente crescita del senso di autodeterminazione, dell’attesa, del sacrificio, della costanza, della proiezione futura, della possibilità di incidere sugli eventi.
Perché si parla di karate tradizionale?
Col termine Tradizione si definisce l'atto di trasmettere qualcosa cercando di conservarlo, di preservarlo più fedelmente possibile alle “intemperie della modernità”. Trasmettere dei principi da maestro ad allievi, con l'impegno di migliorarlo e di migliorarsi. Karate tradizionale è Karate-dō. L’ideogramma antico usato per indicare il ‘dō’ era rappresentato da una strada che partiva dalla testa del maestro per arrivare ai piedi dell’allievo. Senza questa “trasmissione” non esiste karate. Il karate tradizionale è basato quindi sulla trasmissione dei principi da maestro ad allievi. Il Karate Tradizionale affonda le proprie radici in secoli di storia. Ha tenuto certamente conto delle innovazioni tecniche, metodologiche, scientifiche del nostro secolo, facendole compenetrare, con sapienza, umiltà, conoscenza, con l’immenso patrimonio, con il grande bagaglio culturale, non ancora completamente scoperto, trasmesso dai grandi Maestri del passato. Praticare karate tradizionale significa allenarsi, con metodo, con costanza, con volontà, in qualsiasi condizione ci si trovi. Anzi, è proprio quando ci si sente stanchi, quando ci si sente demotivati, quando non ci si sente in forma fisicamente, psicologicamente, che si deve salire sul tatami. Il karate tradizionale ti sprona a superare quel limite, quella barriera invisibile che pensi possa essere invalicabile. Il vero allenamento inizia proprio quando il fisico dice che non ce la può fare, quando i muscoli diventano rigidi, pesanti. E’ un attimo, basta non cedere, basta continuare a percorrere la via, ed ecco che una nuova dimensione si prospetta davanti agli occhi, davanti alla mente, davanti a te. Dietro la volontà di migliorare il gesto tecnico si nasconde la voglia di migliorare se stessi, il proprio carattere, la volontà e la forza interiore. Conoscersi, accettarsi e migliorarsi sia come atleta sia come persona. Su scala Mondiale le organizzazioni che disciplinano i karate sono l'ITKF - International Traditional Karate Federation, rappresentata in Italia dalla FIKTA - e la FMK/WKF - ex-WUKO. L'ITKF si attiene ai principi etici, tecnici, filosofici e spirituali della tradizione e che costituiscono il fondamento della propria disciplina e tecnica che generazioni di maestri e praticanti si sono trasmessi e tramandati fino ai giorni nostri. Il Karate Moderno come attualmente praticato dalla FMK/WKF è la diretta conseguenza della scelta tecnica avvenuta nel 1982. In quell’anno la Wuko si dotava di un regolamento di gara, tuttora in vigore, che modificando i principi su cui si fonda il Karate Tradizionale, lo trasforma in uno sport nel quale si fa essenzialmente uso di pugni e calci. Il problema è anche stato sottoposto allo studio della Commissione Giuridica del Comitato Olimpico Internazionale: il C.I.O. che nella 101° Sessione di Montecarlo, Settembre 1993, chiaramente stabiliva che il karate tradizionale è il karate diretto e disciplinato dall'ITKF. Ci si trova, quindi, da un lato il karate tradizionale ITKF che è rigorosamente basato sul concetto di Todome e Finishing blow o "tecnica definitiva" ovvero una singola tecnica, con l'uso del corpo, e senza uso di armi od attrezzi, deve essere in grado di distruggere la capacità offensiva dell'avversario; e dall'altro il "Karate moderno" FMK/WKF, che, in base al proprio regolamento di gara, ammette azioni di calcio e pugno che non hanno requisiti del finishing blow. Le tecniche vengono descritte come “azioni vigorose”, e quindi non richiedono alcuna tecnica allenata in modo speciale. Tutto ciò porta alla diretta conseguenza che, qualunque disciplina sportiva od arte di combattimento può partecipare a tali competizioni, dato che non sono richieste competenze tecniche specifiche.
Perché la divisione tra Karate Tradizionale e Karate Sportivo?
Il M° H. Nishiyama e il M° H. Shirai sono stati costretti a ridefinire il Karate ITKF che avevano appreso dai loro maestri. Il mondo del karate era stato investito da un insieme di varianti dai nomi suggestivi, quali karate moderno, karate sportivo, karate full contact, light contact ed ingegnose varianti che si allontanavano dal karate trasmesso dal M.G. Funakoshi e dai grandi maestri del passato. I maestri decisero di riportare l’arte marziale ai suoi insegnamenti e principi originari, diffondendo il suo insegnamento in tutto il mondo. Il M° Nishiyama è morto a Los Angeles, il 7 novembre 2008. A lui spetta il riconoscimento di aver cercato di unire, sotto una unica bandiera, il Karate Tradizionale nel mondo. La trasmissione degli insegnamenti tradizionali e della pratica continua ad essere perseguita dal M° H. Shirai e dai suoi più fedeli allievi.
Gichin Funakoshi: “Senza cortesia lo spirito del karate-dō va perduto”.
MANUALE DI KARATE
MANUALE UFFICIALE DELL’ACCADEMIA ITALIANA DI KARATE
Nonostante la grande diffusione che ha fatto registrare in questi ultimi anni il Karate non è stato ancora pienamente compreso ne valutato per quella straordinaria potenzialità formativa, sul piano spirituale, che racchiude nei fondamenti ideologici sui quali si basa.
L'opinione corrente continua a ritenere il karate un'attività violenta e prevaricatrice giustificando la sua diffusione come una logica conseguenza di un'epoca sempre più povera di valori spirituali e sempre più dominata dalla sopraffazione. E', soprattutto per queste scoraggianti constatazioni di fondo che desidero esporre un pensiero di origine morale nell'intento di far comprendere quale debba essere il sostrato ideologico con cui affrontare il Karate-Do, la "Via del Karate", per farle acquisire un valore più alto di quello meramente Ginnico - Sportivo e conseguire, attraverso di essa, un miglioramento di se stessi altrimenti non raggiungibile. Il punto di partenza deve essere la considerazione che, per quanto avanzato sia il grado di civiltà, tutti gli uomini sono largamente imperfetti e per valutare quanto grande sia il margine di perfettibilità consentita all'uomo basta pensare ai progressi compiuti, nel corso dei secoli, dall'umanità nel miglioramento della propria condizione sociale. Ognuno di noi, pertanto, dovrebbe avere piena coscienza di questa sua incessante possibilità di divenire migliore mediante la ricerca di una perfettibilità che può essere continuo motivo di tormento e di soddisfazione nel medesimo tempo: tormento per ciò che non si è e soddisfazione per ciò che si è riusciti ad essere.
Tutta la nostra esistenza deve, quindi, essere animata da una costante aspirazione a raggiungere un punto di perfezione più alto senza, tuttavia, finalizzare questo sforzo al conseguimento di un risultato massimo immediato quanto piuttosto individuando una gradualità di momenti in ognuno dei quali si verifichi non solo la propria condizione ma anche, soprattutto, le cause della propria imperfezione. La comprensione dello sforzo verso un livello esistenziale sempre più alto è di per se stessa una forma di equilibrio ed una garanzia di forza, di sicurezza, di autocontrollo e di grande beneficio per il corpo e per lo spirito. Tutto questo avrà un sapore ideologicamente diverso se gli sforzi compiuti ed i risultati raggiunti non saranno considerati nei limiti ristretti del proprio ambito personale ma utilizzati quotidianamente per dare un'indicazione agli altri circa la coscienza che la propria dimensione spirituale, per quanto limitata, possa dilatarsi sul piano sociale nella misura in cui cerca nel prossimo un punto di riferimento nel quale realizzarsi. E' osservazione corrente, rilevare come, ai giorni nostri, vi sia una larghissima parte di uomini che affermano di aver compiuto atti, ricerche o esperienze ad essi, nella realtà, del tutto sconosciuti. Si comportano così perché, impressionando con le parole, nascondono la loro sostanziale povertà spirituale di cui potremmo anche dolerci se non dovessimo constatare che la generalizzata mancanza di senso critico, la scarsa volontà di approfondire le apparenze ed un crescente disimpegno culturale consentono loro di affermarsi progressivamente raggiungendo risultati che assolutamente non meriterebbero. E' a questo tipo di uomo che dobbiamo cercare di contrapporre una personalità che, pur cosciente dei propri limiti e pur pienamente convinta di non poter attingere la perfezione, si sforza ogni giorno di correggere i propri errori con pazienza e con umiltà. Questo tipo di uomo deve costituire il nostro modello comportamentale e non solo per una forma di nostro, personale, arricchimento ma dare un contributo concreto a modificare dal di dentro una società che sembra privilegiare sempre di più chi non merita. E' necessario, in altri termini, essere uomini che sappiano dimostrare con i fatti le proprie capacità mettendo a frutto gli sforzi compiuti per acquisire conoscenze utili a sé stessi ed agli altri. Importante, ed addirittura pregiudiziale, è avere la convinzione che la ricerca della perfezione nella coscienza della propria perfettibilità è possibile solamente quando il proprio livello culturale, inteso come senso spirituale e non certo nozionistico del termine, è mantenuto alto.
Mantenere alto il proprio livello significa, soprattutto, ripercorrere continuamente il cammino intrapreso rivivendo sempre i vari momenti, i diversi gradi, le necessarie esperienze progressivamente vissute. La ricerca di un vertice sempre più alto non farà diminuire, in questo modo, l'estensione della base di quella piramide con cui si può configurare la vita e la solidità della base è premessa di analoga forza della sommità: un punto estremo di cui si conosce l'esistenza ma che non si sa quanto alto possa essere. Sono queste le fondamenta ideologiche con cui affronto l'allenamento pienamente convinto, come sono, che esso rappresenti la visualizzazione di concetti interiori dai quali tutte le tecniche traggono un valore infinitamente più alto. Io spero che chi seguirà il mio manuale non perda mai di vista questa introduzione: in caso contrario farà solo dell'ottima ginnastica.
Hiroshi Shirai